La pratica dei contratti di fiume è stata introdotta in Francia e Belgio già all’inizio degli anni 1980 e si è diffusa sensibilmente anche in Italia dove la legge nazionale ha riconosciuto i contratti di fiume nel “codice ambientale” quali strumenti partecipativi volontari che concorrono all’attuazione delle direttive acqua ed alluvioni. Anche altre regioni del mondo hanno visto applicazioni di questo strumento o di altri metodi partecipativi assimilabili per la gestione integrata della risorsa idrica.
L’applicazione dei contratti di fiume ai fini della gestione dell’acqua e dei territori circostanti con il coinvolgimento degli attori interessati fornisce un’opportunità di grande ausilio per l’attuazione delle strategie e dei piani di adattamento ai cambiamenti climatici a livello regionale e locale.
Tra le caratteristiche più interessanti vi è il coinvolgimento “strutturale” all’idea di contratto di diverse categorie di attori che realizzano di fatto un partenariato pubblico privato (PPP): enti pubblici non statali, settore privato, società civile potenzialmente in grado di realizzare le misure di portata locale e individuale che sono alla base della costruzione di territori resilienti.
I contratti di fiume sono in grado di promuovere una crescita della consapevolezza del valore dei beni ambientali e della loro importanza per la qualità della vita dell’uomo e stimola quindi all’azione individuale in settori –quali ad esempio la sicurezza idraulica- in cui tradizionalmente si è esclusivamente delegata la responsabilità al settore pubblico.
In alcuni contesti istituzionali, come quello italiano, i contratti di fiume hanno trovato una regolamentazione precisa, infatti oltre alla loro definizione, riportata nel Codice per l’ambiente (articolo 68 bis), sono stati stabiliti i requisiti di base, elaborati dal Ministero dell’Ambiente insieme con ISPRA e il Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume (2015).
Il Ministero dell’Ambiente ha istituito, nel 2017, l’Osservatorio Nazionale dei Contratti di Fiume, nell’ambito del Progetto CREIAMO PA, una struttura centrale di indirizzo e coordinamento che risponde all’esigenza di armonizzare l’attuazione dei Contratti di Fiume su scale locale, regionale e nazionale.
I Contratti di Fiume (CdF) sono strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale.
I soggetti aderenti al CdF definiscono un Programma d’Azione (PA) condiviso e si impegnano ad attuarlo attraverso la sottoscrizione di un accordo.
I contratti di fiume contribuiscono al perseguimento degli obiettivi delle normative in materia ambientale, con particolare riferimento alla direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro sulle acque), che prevede il raggiungimento del “buono stato” di qualità dei corpi idrici, alle relative direttive figlie, unitamente alla direttiva 2007/60/CE (direttiva alluvioni) , e alle direttive 42/93/CEE (direttiva Habitat) e 2008/56/CE (direttiva quadro sulla strategia marina), in quanto utile strumento per la prevenzione e riduzione dell’inquinamento, l’utilizzo sostenibile dell’acqua, la protezione dell’ambiente e degli ecosistemi acquatici; la mitigazione degli effetti delle inondazione della siccità nonché per il coordinamento e la coerenza delle azioni e degli interventi previsti per l’attuazione delle suddette direttive.
Il Contratto di Fiume, in sintesi, è un protocollo giuridico per la rigenerazione ambientale del bacino idrografico di un corso d’acqua, esso permette di adottare un sistema di regole i cui criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale intervengono in modo paritario nella ricerca di soluzioni efficaci per la riqualificazione di un bacino fluviale.